Con l’avvicinarsi del 25 aprile, ripercorreremo l’evoluzione dell’antifascismo italiano seguendo la cronologia degli eventi principali che portarono alla Liberazione. In questo caso con tre canzoni raccontiamo la storia delle prime opposizioni popolari al fascismo, realizzate in Italia ad opera degli Arditi del Popolo.
1 LEONCARLO SETTIMELLI – SIAM DEL POPOLO GLI ARDITI
2 ATARASSIA GRÖP – L’OLTRETORRENTE
3 EMILY COLLETTIVO MUSICALE – IL COMANDANTE PICELLI
1 LEONCARLO SETTIMELLI – SIAM DEL POPOLO GLI ARDITI
Leoncarlo Settimelli scrisse questa canzone per lo spettacolo “1921: Arditi del Popolo”. Per scriverla si ispirò a due strofe “Rintuzziamo la violenza / del fascismo mercenario / tutti uniti sul calvario / dell’umana redenzione”, “Questa eterna giovinezza / si rinnova nella fede /per un popolo che chiede / uguaglianza e libertà” che appartenevano ad un inno degli Arditi del Popolo. “Siam del popolo gli arditi” è stata scritta cinquanta anni dopo la formazione della prima organizzazione armata contro il fascismo, e nel ’73 venne pubblicata per il Canzoniere Internazionale in “Gli anarchici 1864-1969”. Il ritornello è ormai entrato a far parte dei classici dell’antifascismo libertario: “Siam del popolo gli arditi / contadini ed operai / non c’è sbirro non c’è fascio / che ci possa piegar mai.”. L’autore, il cui padre aveva preso parte a scontri contro un’incursione di squadristi, elogia l’importanza del movimento degli arditi in un brano che alterna strofe per solisti ed altre per il coro. Come la sopracitata o la successiva: “E con le camicie nere / un sol fascio noi faremo / sulla piazza del paese / un bel fuoco accenderemo.”
Le ultime parole richiamano alla necessità dell’unità dei proletari per contrastare il fascismo. L’ultima strofa si focalizza sull’importanza sia delle vittorie riscosse dagli arditi sia di quelle della Resistenza “Ci siamo ritrovati sulle montagne / e questa volta nostra fu la vittoria. / Ecco quello che mostra la nostra storia / se noi siamo divisi vince il padrone.”
2 ATARASSIA GRÖP – L’OLTRETORRENTE
Questa canzone è stata scritta 80 anni dopo i fatti che narra, è stata registrata nel 2005, e l’anno successivo è stata incisa nell’album “Non si può fermare il vento” degli Atarassia Gröp e si intitola l’Oltretorrente. La canzone, nel libretto dei testi, è introdotta così: “L’Oltretorrente, quartiere di Parma, cercò di fermare l’avanzata della marcia su Roma. Massaie e bottegai, dottori e operai, combatterono, senza indietreggiare di un solo passo, una battaglia che non avrebbero mai potuto vincere”. Le tracce dell’album sono organizzate in modo da diventare come pagine di un romanzo, sono infatti divise in capitoli con tanto di prefazione ed epilogo. La canzone in questione rappresenta il “prologo” di 12 tracce che “sottendono la figura di Davide che lotta contro Golia: non nell’accezione biblica ma in quella più umana del debole che affronta il potente”. Gli Atarassia Gröp di Como nascono nel 1993, come loro stessi raccontano, in un garage di campagna in cui era sufficiente distinguere il basso dalla chitarra, il microfono dalla bottiglia, per sputare il cuore oltre la barricata delle note scordate. Atipici nella scena indipendente si sono sempre distinti per una patchanka popolare, fatta di ritmo, di ballate e di impegno sociale, unendo al tradizionale chitarra-basso- batteria altri strumenti quali il violoncello, il contrabbasso, il violino, la fisarmonica. Il combat burdél, come loro stessi lo definivano, ha reso omaggio a chi nell’estate del 1922 difese Parma dalle squadre fasciste.
“Se anche stanotte durasse cent’anni / staremo svegli abbracciandoci al buio, / il nemico è alle porte della nostra città”. La città divenne teatro di una resistenza armata alle squadre fasciste che, dopo cinque giorni di combattimenti, risultò vittoriosa. “L’orgoglio diventa un’arma / negli occhi dei bottegai, / si leva l’urlo di Parma: / “Non ci avrete mai!”. Il tradizionale ribellismo urbano dei quartieri più miseri si era consolidato come forma di autodifesa tramite l’innalzamento di barricate tra le vie strette e torte, con il lancio di tegole dai tetti e di pietre per le strade. “Se anche stanotte durasse cent’anni / resiste il sogno di un giorno di sole, / gloria riempi le strade della nostra città! / Se anche stanotte durasse cent’anni / sorrideremo inchiodati alla croce, / morte fatti da parte che passa la libertà!”
La canzone è ormai un brano di culto nelle reunion sporadiche che gli Atarassia ogni tanto concedono ai loro affezionati, col suo ritornello da cantare a squarcia gola a cui non si può sfuggire: “L’Oltretorrente non si arrende, / stringe i pugni e spara, / e sanguinando spera; / grida all’aurora che si accende / con voce fiera e viva: / “A Roma non si arriva!”.
Ma la storia di questa canzone non finisce qui. Nel 2015 Zerocalcare pubblica su “Internazionale” una storia a fumetti di 42 pagine, che racconta il viaggio di alcuni ragazzi romani nella città di Kobane, al confine tra Turchia e Siria. La breve storia, che ha preceduto la pubblicazione di “Kobane Calling”, un’opera che ha portato questi fatti ad essere di dominio pubblico, si conclude con il protagonista che prima di ripartire indossa gli auricolari e nel suo lettore MP3 seleziona proprio gli Atarassia con l’Oltretorrente. Le ultime pagine del fumetto parafrasano il testo della canzone, sovrapposto ai volti degli abitanti di Kobane. “Se anche stanotte durasse cent’anni / staremo in piedi abbracciati ad un sogno / che ha una scritta sul volto: “Da qui non si passerà!”.
3 EMILY COLLETTIVO MUSICALE – IL COMANDANTE PICELLI
“Erano arrivati sul far della mattina / Per portare ordine e disciplina / Ma non era così obbediente / Quel giorno il rosso Oltretorrente”. Con questa strofa incomincia il tributo che gli Emily Collettivo Musicale hanno dedicato al comandante Guido Picelli. Anche loro parmensi, nascono nel 2006 “dalla volontà di raccontare in musica un immaginario legato alla poetica sociale di lotta che da sempre lo caratterizza, attraverso sonorità meticce e coinvolgenti tra folk, rock e reggae”. In “Credere ai ricordi” è presente la canzone che ripercorre l’esperienza dell’opposizione alle squadracce guidate da Italo Balbo. Oltre ai borghi dell’Oltretorrente anche i rioni Saffi e Naviglio furono zone in cui i fascisti non ebbero accesso: “Era un caldo 2 di agosto / E l’attacco era ormai pronto / Ma nessuno batté ciglio / Nel quartiere del Naviglio”. Picelli nel ’22 riuscì a dar vita ad un fronte unico antifascista, che grazie alla collaborazione dei civili e all’esperienza bellica ereditata dall’appena terminato conflitto mondiale creò una barricata, non solo metaforica, alla marcia fascista. “Si scavano trincee come nel 15-18 / adesso gli operai sono pronti alla lotta / barricate di sassi, legno e terra / il popolo ora è pronto alla guerra”. “Erano pochi gli arditi contro molti / ma non si vedeva paura sui loro volti / balzan fuori con bombe e moschetti / respingono i nemici maledetti.”
L’intreccio tra l’insurrezionalismo urbano e l’esperienza combattentistica, uniti alla figura carismatica di Picelli e alla sua proposta politica per un fronte unitario, furono gli elementi che consegnarono la vittoria agli antifascisti. “Comandante Picelli all’attacco / sopra queste barricate”, nel ritornello gli Emily ricordano anche l’anarchico a capo della zona del Naviglio: “comandante Cieri all’attacco / in mezzo alle fucilate”. L’influenza del folk emiliano resta forte nel brano che, strofa dopo strofa, diventa più incalzante. La canzone si conclude con la ripetizione del ritornello, questa volta però nel dialetto locale “Comandànt Picelli a l’atàc / in sòra tuti’l barichèdi / comandànt Cieri a l’atac / in mez al fùm e al fusiledi”.
a cura di En.Ri-OT